Auto aziendali 2035: il rischio di mercato si concentra sulle flotte
Mentre l’Unione Europea introduce elementi di flessibilità per il mercato retail, il regolamento Greening Corporate Fleets accelera sull’elettrificazione del canale business, trasferendo sulle imprese il principale rischio economico della transizione.
Auto aziendali 2035 – La recente revisione degli standard emissivi europei per il 2035, che riapre alla neutralità tecnologica per i consumatori privati, delinea un approccio differenziato nei confronti del comparto corporate. L’analisi della proposta COM/2025/994 mostra come la Commissione Europea abbia individuato nelle flotte aziendali non solo un segmento di mercato, ma il principale strumento di attuazione della strategia di decarbonizzazione del trasporto leggero.
Il canale corporate come leva della transizione
La logica seguita da Bruxelles è di natura strutturale. Le flotte aziendali presentano cicli di sostituzione più rapidi – in media tra i tre e i quattro anni – e percorrenze significativamente superiori rispetto al mercato privato. Queste caratteristiche rendono il canale corporate il bacino ideale per generare, nel medio periodo, un’offerta stabile di veicoli elettrici usati, oggi ancora insufficiente per sostenere una diffusione di massa dei BEV.
Con il regolamento Greening Corporate Fleets, tuttavia, questo ruolo strategico viene formalizzato in obiettivi normativi vincolanti per le grandi imprese, riducendo gli spazi di flessibilità concessi al mercato retail. La normativa si concentra sui soggetti sopra i 250 dipendenti, lasciando fuori dal perimetro degli obblighi diretti le PMI.
Una distinzione necessaria per tutelare le realtà più piccole, ma che rischia di creare un sotto-mercato a due velocità, in cui solo le grandi flotte sono chiamate a farsi carico della fase più delicata della transizione. Per queste realtà, il passaggio ai veicoli a zero emissioni non è più una scelta incentivata, ma un obiettivo regolatorio con scadenze anticipate.
Valore residuo e rischio di mercato
Il nodo centrale non riguarda la maturità tecnologica dei veicoli elettrici, ma la distribuzione del rischio economico lungo la filiera. Emergono in particolare due dinamiche potenzialmente divergenti.
Da un lato, imprese e operatori del noleggio saranno chiamati a immettere nei propri parchi auto volumi crescenti di veicoli elettrici a batteria, destinati a rientrare nel mercato dell’usato entro un orizzonte temporale compreso tra i tre e i cinque anni. Dall’altro, la domanda del mercato privato resta un’incognita: la possibilità di continuare ad acquistare veicoli endotermici e ibridi oltre il 2035 potrebbe rallentare l’assorbimento di questi volumi.
In questo contesto, la tenuta dei valori residui diventa la variabile più critica per le società di noleggio, leasing e per le captive finanziarie dei costruttori. Un disallineamento prolungato tra offerta e domanda non avrebbe solo effetti operativi, ma si tradurrebbe in una svalutazione accelerata degli asset, con impatti diretti sui bilanci del settore.
Una transizione finanziariamente non neutrale
È vero che una parte del mondo corporate ha già intrapreso il percorso dell’elettrificazione per rispondere a obiettivi ESG, strategie di sostenibilità e politiche di employer branding. Tuttavia, la nuova impostazione regolatoria tende a trasformare una scelta strategica in un obbligo strutturale, concentrando il rischio della transizione su un numero limitato di operatori.
Il sistema si regge sull’assunto che l’evoluzione delle infrastrutture di ricarica e la progressiva riduzione del TCO rendano, nel tempo, l’elettrico una scelta naturale anche per il cliente privato. Fino a quel momento, però, il rischio di mercato rimane prevalentemente sulle flotte aziendali e sugli operatori finanziari che ne sostengono il modello.
Redazione Fleetime
Fonte: Commissione Europea: Proposta di Regolamento Greening Corporate Fleets (COM/2025/994) – Pacchetto Automotive 2025.


Lascia un commento