Per la casa Californiana è il più importante richiamo volontario ed è dovuto a un componente difettoso fornito dal gruppo tedesco Bosch

Tesla Model S, il richiamo è un’operazione , ed è molto impegnativa per il costruttore, visto che riguarda sostanzialmente la metà della flotta venduta finora (260.000 auto). Nella relazione sulla trimestrale con la quale Elon Musk ha“maltrattato” gli analisti (il titolo è poi precipitato), si legge che per il componente incriminato la responsabilità non è in capo a Tesla e che il costruttore si aspetta una copertura dell’indennizzo da parte del fornitore.

La causa del richiamo è un bullone che potrebbe arrugginirsi, creando problemi al servosterzo, anche se finora non sono comunque stati segnalati incidenti. A fine marzo Bosch era intervenuta facendo sapere che stava lavorando congiuntamente a Tesla per risolvere il problema. Dopo la diffusione della notizia che il brand americano intende rivalersi, tuttavia, il quartier generale di Stoccarda ha deciso di non esprimersi.

La Casa californiana ha evidenziato come alcune viti del servosterzo Bosch montato sulle berline elettriche potrebbero corrodersi a causa del sale sparso sulle strade durante l’inverno. “Abbiamo notato un’eccessiva corrosione nelle viti del servosterzo” si può leggere nella mail inviata dalla Tesla ai clienti con vetture affette dal problema che si potrebbe presentare “solo nei climi freddi, in particolare dove vengono spesso utilizzati sali stradali a base di magnesio o calcio in luogo del classico cloruro di sodio”.

In caso di cedimenti lo sterzo permetterà comunque al guidatore di curvare ma, visto il malfunzionamento della servoassistenza, servirà applicare più forza sul volante. Per ovviare al problema le officine della Tesla sostituiranno parte delle scatole dello sterzo in un’operazione gratuita per il cliente che avrà una durata stimata di circa un’ora.

Mentre per Bosch i problemi non sembrano essere finiti, lo studio Tilp, che rappresenta un azionista del gruppo Volkswagen, lo ha coinvolto nella causa per la perdita di valore del titolo dopo l’esplosione del dieselgate. Secondo gli avvocati, poiché Bosch ha fornito il software sulla base del quale è poi stato sviluppato il cosiddetto “defeat device” sarebbe corresponsabile del crollo in Borsa. Ma, soprattutto, il coinvolgimento del fornitore implicherebbe l’obbligo di mettere a disposizione documenti e materiali che finora poteva rifiutarsi di esibire in quanto “testimone”.

 

 

Redazione Fleetime