Emissioni Inquinanti

Emissioni inquinanti

Le emissioni di inquinanti atmosferici del trasporto stradale sono notevolmente diminuite negli ultimi anni in Italia e in UE, grazie alle innovazioni tecnologiche e ai limiti imposti dalle direttive comunitarie, nonostante che il settore dei trasporti sia stato contrassegnato da una crescente domanda di mobilità a partire dagli anni ’90, registrando una flessione solo con l’esplosione della crisi finanziaria ed economica nel 2008; rimane comunque uno dei settori maggiormente responsabili dell’inquinamento atmosferico, dopo le industrie di produzione e trasformazione dell’energia.
Le principali emissioni inquinanti da traffico veicolare sono il particolato fine e gli ossidi di azoto. A partire dagli anni ’90 le concentrazioni medie annuali di questi inquinanti si sono notevolmente ridotte, con l’introduzione delle norme europee finalizzate ad abbassare le emissioni degli autoveicoli e dei grandi impianti industriali.
Le condizioni meteorologiche, in particolare direzione e velocità del vento, precipitazioni, umidità relativa, irraggiamento solare e altezza dello stato di rimescolamento, hanno un ruolo fondamentale nel trasporto e nell’accumulo in atmosfera degli inquinanti e quindi sui loro livelli di concentrazione. Le condizioni atmosferiche avverse (per esempio stabilità atmosferica e mancanza di precipitazioni) aggravano l’inquinamento, soprattutto in quei contesti territoriali (non solo urbani) che favoriscono naturalmente la stagnazione dell’aria, come nella Pianura Padana, dove i superamenti giornalieri di PM10 nel limite di 50 microgrammi/m3 sono ampiamente diffusi5
Sebbene negli anni ’80 le emissioni nocive erano 3-4 volte superiori a quelle attuali6, gli inquinanti atmosferici, come il particolato fine, hanno effetti dannosi sulla salute umana e colpiscono soprattutto le persone più fragili, come le persone anziane, una fetta della popolazione che è andata aumentando, come conseguenza dell’allungamento della vita.

Particolato

A livello generale, si stima che la presenza nell’aria di particolato PM10 sia attribuibile almeno per un terzo al settore dei trasporti, di cui la metà circa riconducibile alle sole autovetture. I veicoli producono polveri sia come conseguenza dell’utilizzo di combustibili fossili per la loro alimentazione, sia – in misura minore – per l’usura di pneumatici, freni e manto stradale. Sulla scorta dei dati rilevati in Italia nel 2014 dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) risulta, infatti, come gli autoveicoli e motoveicoli (autovetture, motoveicoli, motocicli, mezzi leggeri e pesanti per trasporto merci e passeggeri) abbiano generato produzione di PM10 con circa 23,7 tonnellate di tale particolato. Relativamente al 2015, sempre secondo stime ISPRA, tale valore ha segnato una flessione attestandosi a 22,1 tonnellate circa. Un’analisi più approfondita, relativamente al solo parco autovetture circolante e limitatamente alla circolazione in ambito urbano, consente di attribuire incidenze diverse a seconda dell’alimentazione delle autovetture stesse. Le stime, elaborate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti su dati ISPRA e ACI, delle emissioni totali di PM10 prodotte dall’intero parco circolante delle autovetture italiane, con riferimento alle autovetture alimentate a benzina ed a gasolio, riportate nella tabella di pagina 16, sono state ottenute ipotizzando che la produzione di “PM10 totale”7 in ambito urbano sia funzione:
– del tipo di alimentazione;
– della tecnologia del motore (es.: Euro 2, Euro 3, Euro 4 etc.);
– della numerosità del parco circolante di ciascuna classe di tecnologia considerata;
– della percorrenza media in ambito urbano.

Ossidi di Azoto

La stima del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti su dati ISPRA sul calcolo delle emissioni di ossidi di azoto evidenzia dal 2000 ad oggi un dimezzamento delle emissioni prodotte sia per tutti i settori dell’economia nazionale sia per il trasporto su strada.

Le auto di classe euro 5 e 6 circolanti in Italia sono il 27% del parco auto contro una media del 42% in Germania. Il parco italiano euro IV e V degli autobus ha una quota del 22%, quello dei veicoli commerciali leggeri del 19% e quello dei veicoli industriali pesanti del 12%. Il rinnovo del parco contribuirebbe ulteriormente alla riduzione delle emissioni di inquinanti.

Risulta poco realistico adottare come unica soluzione il divieto o la limitazione della circolazione alle auto senza differenze tra le motorizzazioni o le classi emissive, soprattutto nel nostro Paese che deve ancora dotarsi di un sistema di trasporto pubblico efficiente e diffuso, in grado di rappresentare un’alternativa ai mezzi privati. Le frodi sui motori diesel purtroppo hanno causato il quadro confuso entro il quale si muovono oggi, con iniziative diverse, gli amministratori pubblici locali, direttamente chiamati a rispondere degli sforamenti sui livelli di inquinanti presenti nell’aria in alcune aree/città italiane ed europee.

Anidride carbonica

L’aumento dei gas serra, tra questi il biossido di carbonio (CO2) è dovuto principalmente all’uso di combustibili fossili e alla deforestazione, ed è responsabile dell’effetto serra e delle sue ripercussioni sull’alterazione del clima globale. Il processo di de-carbonizzazione già avviato, a livello mondiale, prevede a regime, entro il 2020 (secondo il test NEDC), la riduzione delle emissioni di CO2 per le nuove auto immatricolate a 95 g/km di CO2, in Ue, a 105 g/km in Giappone e a 117 g/km in Cina. Per gli Usa invece l’obiettivo è di 121 g/km entro il 2020 e di 93 g/km entro il 2025. Obiettivi non facili da raggiungere che richiedono notevoli investimenti sia ai Costruttori (R&S sui veicoli, condivisioni delle tecnologie, abbattimenti dei costi) che ai Governi (infrastrutture e interventi mirati per il rinnovo del parco veicolare). I test sulle emissioni esaminano due tipi principali di emissioni delle autovetture e dei furgoni. Il primo tipo è l’anidride carbonica (CO2), che ha una relazione con il consumo di carburante, mentre il secondo tipo comprende inquinanti come monossido di carbonio (CO), idrocarburi (HC), ossidi di azoto (NOX) e particelle (numero di particelle e massa totale di particelle). Le prove di laboratorio assicurano che le auto rispettino i limiti UE per le emissioni di CO2 e di inquinanti prima di essere immesse sul mercato nell’UE. Il nuovo test di laboratorio per misurare le emissioni “WLTP” (World Harmonized Light Vehicle Test Procedure) è entrato in vigore dal 1° settembre 2017 ed è applicato a tutti i tipi di auto nuovi (modelli che vengono presentati per la prima volta sul mercato europeo). Un anno dopo, nel settembre 2018, WLTP si applicherà a tutte le auto nuove registrate. Questo nuovo ciclo di prova comprende velocità più elevate, accelerazioni e decelerazioni più dinamiche e rappresentative e più severe condizioni di installazione e di misura del veicolo rispetto al NEDC. Tutti questi elementi rendono il test WLTP più preciso del vecchio test di laboratorio, fornendo così una migliore riflessione della situazione odierna. Inoltre, è stata introdotta una nuova procedura di prova per le emissioni in condizioni di guida reali (RDE) per completare i test di laboratorio. RDE garantisce che i veicoli emettono basse emissioni inquinanti, non solo in laboratorio ma anche in strada.

Si ritiene utile considerare come atout fondamentale, per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni, le competenze consolidate nei sistemi di alimentazione a metano, biometano, GNL, GPL e nei sistemi di propulsione dell’industria italiana, leader a livello mondiale. E’ opportuno dunque valorizzare tutte le alimentazioni alternative e le iniziative di mobilità sostenibile, iniziando da quelle a più basso esborso economico. Qualsiasi azione dovrebbe basarsi su un’attenta analisi dei flussi di mobilità di ogni area di interesse (locale, regionale, interregionale) e dei costi-benefici delle misure introdotte e del ciclo di vita dei prodotti, fondamentale per mantenere in piedi un’economia industriale.

Sotto il profilo dei costi-benefici, l’ottimizzazione dei propulsori convenzionali è la soluzione più conveniente rispetto al passaggio ai veicoli elettrici. La tecnologia diesel con l’introduzione dei catalizzatori a riduzione selettiva (SCR) per l’abbattimento dei limiti di NOX in condizione di guida reale (RDE) consente un’ulteriore riduzione delle emissioni di ossidi di azoto delle auto nuove. Le innovazioni tecnologiche sui motori ICE potrebbero da qui al 2025, ridurre ancora il consumo di carburante per litro/100 km.

Misure di intervento

Proseguire nella riduzione delle emissioni inquinanti e dei gas serra è fondamentale e le misure di intervento sono molteplici:

  • accelerare il rinnovo del parco con veicoli con standard emissivi e consumi di carburante più bassi;

  • ridurre la circolazione dei veicoli più vecchi, adottando misure che traducano il principio che “chi inquina paga”

  • favorire l’acquisto di veicoli usati con standard emissivi di classe euro recente

  • rinnovare la flotta della Pubblica Amministrazione con veicoli a basso o nullo impatto emissivo

  • incoraggiare la diffusione dei veicoli a basso impatto emissivo, potenziando la rete distributiva dei carburanti alternativi (applicazione della direttiva “DAFI”)

  • favorire la mobilità elettrica privata nelle località con un alto valore naturalistico come le isole

  • sviluppare l’offerta di servizi di mobilità a basso o nullo impatto ambientale (mobilità ciclistica)

  • accelerare il rinnovo del parco autobus, adibito al trasporto pubblico su strada, rendendolo competitivo rispetto all’auto privata, con mezzi a minor impatto emissivo;

  • migliorare la logistica e la mobilità delle merci, in particolare la distribuzione “dell’ultimo miglio”

  • facilitare modelli di mobilità condivisa (car sharing, car pooling)

  • sviluppare infrastrutture di scambio per favorire l’integrazione tra le diverse modalità di trasporto

  • promuovere stili di guida a basse emissioni e comportamenti attenti all’efficienza del veicolo

  • sensibilizzare i cittadini sulla mobilità sostenibile

 

 

 

 

Redazione Fleetime

Fonte: Ufficio stampa ANFIA