Crescita mercato auto Europa

UNRAE: incentivi per 8 mila ricariche domestiche su 18 milioni di edifici, una goccia nel mare

Crescita mercato auto Europa – Il mercato europeo dell’auto (UE più Regno Unito e EFTA) a settembre conferma il recupero già registrato ad agosto: grazie a 1.049.926 immatricolazioni la crescita è del 7,9% rispetto alle 972.843 unità di settembre 2021. Nei primi nove mesi invece il bilancio è ancora negativo, con 8.271.115 unità complessive, pari a 890.000 auto in meno sui 9.162.177 del periodo gennaio-settembre 2021 (-9,7%).

Il bilancio di settembre è positivo in tutti i 5 principali mercati europei, con la Germania che mostra la migliore performance mensile (+14,1%), seguita da Spagna (+12,7%), Francia (+5,5%), Italia (+5,4%) e Regno Unito (+4,6%). La variazione nei primi nove mesi è negativa per tutti, ma l’Italia mostra il risultato peggiore (-16,3%), Germania e Spagna il meno pesante (-7,4%), in mezzo Regno Unito (-8,2%) e Francia (-11,8%). L’Italia, comunque, sia a settembre che nei primi nove mesi, si colloca al quarto posto per volume di immatricolazioni.

Sul fronte dell’elettrico, il nostro mercato si distingue ancora fra i 5 Major Markets come fanalino di coda nella quota percentuale di auto “alla spina”, dove eccelle la Germania con gli ECV che ormai coprono un terzo del mercato (32,3%) mentre l’Italia è a meno di un decimo (8,5%), lontana dalle quote di Francia (24,2%) e Regno Unito (22,4%) e inferiore anche a quella della Spagna (11,1%).

Peraltro, è da notare che nei primi 9 mesi del 2022, il nostro Paese va in controtendenza anche rispetto al generale aumento di quota delle BEV con contemporanea diminuzione di quota delle PHEV: mentre negli altri 4 mercati principali le prime passano dal 9,2% al 12,7% e le seconde dall’8,8% all’8,6%, in Italia accade il contrario, con le BEV che scendono dal 4,0% al 3,6% e le PHEV che salgono dal 4,5% al 5,0%.

Crescita mercato auto Europa

In vista del voto imminente del Parlamento Europeo sul Regolamento per le infrastrutture dei combustibili alternativi (AFIR), l’UNRAE – come l’Associazione dei costruttori europei ACEA – insiste nuovamente sulla necessità di accelerare lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica nel nostro Paese – cresciute nell’ultimo trimestre di circa duemila punti – e, soprattutto, la disponibilità di punti di ricarica veloce”, afferma il Direttore Generale dell’UNRAE Andrea Cardinali.

“Il passaggio alla mobilità elettrica potrà avvenire su larga scala – prosegue – solo se, come ripetiamo da tempo, sarà consentito agli automobilisti di poter ricaricare i propri veicoli con la stessa facilità e velocità con cui oggi lo fanno per i carburanti tradizionali, e se lo potranno fare sia su strada, sia in aree private aperte al pubblico come i centri commerciali, sia in aree aziendali, sia infine nelle abitazioni private. Riguardo a queste ultime – aggiunge Andrea Cardinali ben vengano gli incentivi previsti dal DPCM del 4 agosto, ai quali peraltro manca ancora il Decreto direttoriale per divenire operativi, ma la dotazione di 40 milioni – per giunta sottratti ai fondi per gli incentivi alle autovetture elettriche – corrisponde a soli 8 mila condomìni su quasi 15 milioni di edifici in Italia. Insomma una buona partenza ma si tratta di una goccia nel mare: serve di più”.

L’Italia, dotata di una modesta disponibilità di punti di ricarica veloce specie in ambito autostradale, a fine giugno con 6,1 punti di ricarica contro la media europea di 8,2 punti per 100 Km, risulta al 14° posto nel ranking europeo, alle spalle del Portogallo: “Occorre ribadire – afferma Andrea Cardinali – che questo è l’unico indicatore sensato nella fase attuale del mercato, ancora lontanissimo dalla sua maturità. L’elevato rapporto fra punti di ricarica e parco ECV circolante, che talvolta vediamo commentare paradossalmente come un vanto nazionale, è dovuto unicamente alla esiguità del circolante, causata a sua volta proprio dalla insufficiente capillarità della rete”.

Quando tutta la rete stradale sarà adeguatamente, e in modo omogeneo sul territorio, dotata di infrastrutture – prosegue Cardinali – solo allora vedremo le vendite dei veicoli elettrici allinearsi agli altri grandi mercati e il circolante potrà saturare le infrastrutture, come auspicano i cd “charging point operator”. Altri indicatori di performance relativi ai punti di ricarica appaiono decisamente meno significativi, come il rapporto ai Kmq di superficie del territorio (ovviamente non percorribili), o poco indicativi, come il confronto con la popolazione (che non tiene conto del tasso di motorizzazione). Più senso avrebbe allora, in ottica prospettica alla luce degli sfidanti obiettivi di conversione dell’intero parco autovetture oggi circolante, rapportare a quest’ultimo il numero di punti di ricarica: si riscontrerebbe un livello di infrastrutturazione ben peggiore degli altri grandi mercati, con l’eccezione della Spagna”.

 

 

 

Redazione Fleetime

 

 

Fonte press UNRAE